Il futuro dell’advertising è cookieless

Siamo quello che scegliamo

Google ha annunciato che dal 2024 non sarà più possibile mappare il comportamento di un utente in navigazione su Chrome e, di conseguenza, sarà sempre più difficile effettuare attività di advertising utilizzando i cookie di terze parti.

Il cookieless – intesa come l’eliminazione dei dati di terza parte – segna un cambiamento importante per il mondo dell’advertising per due ragioni:

  • Google prevede che quando i cookie di terze parti scompariranno, circa il 60% delle entrate degli annunci programmatici andrà con loro;
  • Chrome è il browser più largamente usato nei Paesi occidentali, con una penetrazione che va dal 65% al 90%. modificando inevitabilmente l’approccio con l’utente. (Per intenderci, non è come quando Safari o Mozilla hanno annunciato il blocco dei cookie di terza parte). 

Google annuncia così la fine di un modo molto diffuso di fare pubblicità online, il digital advertising, che ha conquistato quote crescenti di investimenti da parte degli utenti, arrivando in alcuni paesi a sorpassare anche la televisione come mezzo principale di massa.

Continua a leggere per conoscere le motivazioni di questa decisione, l’importanza dei dati di prima parte e le diverse strategie (alternative) che le aziende stanno già sperimentando.

Perchè regolamentare il trattamento dei dati?

Abbiamo parlato qualche mese fa della nuova visione della protezione dei dati; questa volta ci addentriamo ancora di più nell’ambito della privacy online degli utenti.

I cookie di terze parti forniscono risposte sul comportamento online dell’utente; sulla base dei loro gusti e preferenze possiamo capire quali siti frequenta e quali acquisti ha effettuato. 

Per rendere immediatamente chiaro di cosa stiamo parlando proviamo con un’ esempio; vi è mai capitato di fare una ricerca, ad esempio, per un portatile, e di essere da quel momento in poi invasi di annunci e proposte commerciali?

Verrebbe da pensare: finché si tratta di prodotti – che peraltro possono interessarci – non c’è poi troppo di cui preoccuparsi.

Ebbene, non è esattamente così; la questione, infatti, coinvolge inevitabilmente anche le nostre ricerche sul web su temi sensibili (politica e salute fra tutti) che possano diventare oggetto di analisi di aziende che nemmeno conosciamo diffondendo preoccupazione da parte degli utenti sul fronte della privacy online degli utenti.

La soluzione? Arriva direttamente dai dati di prima parte o first-party data.

Perché i dati di prima parte sono importanti ora?

I cookie cosiddetti first-party sono quelli del sito che stiamo visitando: per intenderci, quelli indicati nella barra del browser.

Gli inserzionisti hanno capito rapidamente che i dati di prima parte (raccolti in prima persona dal titolare di un sito e diretto responsabile) saranno ora la forza trainante per la raccolta dei dati dei consumatori se non l’unica opzione per indirizzare i clienti con annunci di retargeting e offrire una migliore esperienza utente.

A questo proposito, la c.d. Cookie Law non vieta assolutamente di utilizzare questa tecnologia, che seppur previo consenso espresso dell’utente qualora utilizzata per il tracciamento degli utenti, permette alle aziende di avere dei dati precisi sui propri clienti e sui propri lead.

Targeting: come superare i cookie di terze parti

L’eliminazione dei cookie di terze parti ha costretto le aziende a trovare inevitabilmente nuove soluzioni per tracciare le conversioni e profilare i consumatori, senza per questo rinunciare alla qualità delle campagne.

Abbiamo individuato qui tre strategie web senza 3rd party data:

  • Zero-party data è un modo per definire la raccolta delle informazioni direttamente dai propri utenti, tramite questionari, form o interazioni one-to-one. Le aziende dovranno puntare su attività promozionali o di content engagement ad hoc, onde poter offrire i propri beni e i propri servizi su misura per ogni proprio cliente o lead;
  • Il targeting contestuale è una delle forme più antiche e probabilmente più efficaci di pubblicità online: se l’utente sta leggendo una recensione di un portatile, il sito gli mostrerà gli annunci relativi a quello o ad altri modelli.
  • Il risultato? la conversione da lead a cliente è assicurata, soprattutto se l’annuncio è pertinente rispetto al contenuto; 
  • Identificatori universali; questa la soluzione di identità online Unified ID 2.0 proposta dalla società californiana di digital advertising “The Trade Desk” in grado di preservare il valore della pubblicità associando all’utente una stringa alfanumerica in grado di profilare l’utente senza la necessità di raccogliere dati personali.

Le prime due, secondo quanto riportato dall’indagine condotta da IAB Italia su un campione rappresentativo del mercato e qui riassunta, sono state individuate come strategie privilegiate dimostrando che il mercato antepone le strategie di ingaggio del target rispetto all’abbattimento del costo per contatto.

Futuro dell’advertising

In futuro avremo probabilmente meno dati su cui basarci, ma più precisi e accurati e di sicuro evolveranno anche le metriche di misurazione dell’advertising digitale”, 

Al tempo stesso il superamento dei cookie di terze parti, che era ormai diventato uno standard, ha determinato una frammentazione tra numerose soluzioni diverse.

Chi rischia di rimetterci sono soprattutto le PMI che hanno basato le loro campagne essenzialmente su dati raccolti ed elaborati da terzi senza, spesso creare delle proprie basi di dati strutturate ed organizzate.

Il mercato appare certamente attento ma evidentemente non ha ancora a disposizione tutti gli elementi necessari per orientarsi e le preoccupazioni principali sono riconducibili a come pianificare e massimizzare le performance.

Seppur con gli inevitabili rallentamenti lungo il percorso, la strada verso il mondo cookieless è ormai segnata ed è tempo di adattarsi. 

Resta però una certezza: più gli utenti comprenderanno come vengono utilizzati i loro dati, maggiore sarà la loro volontà nel cedere le informazioni.

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